MEGLIO UN MEZZO AMICO VICINO CHE UNO SFRUTTATORE LONTANO -stagione 1-
STAGIONE 1 – PUNTATA 2: Trump tra pace e guerra: trattative, affari e inghippi.
Un’immagine vale più di mille parole: lo zar-orso e l’ape ribelle
Introduzione
Nel grande circo della geopolitica, alcuni giocano a scacchi, altri a poker, e poi c’è Trump, che sembra sempre pronto a vendere il tavolo da gioco. Tra dichiarazioni roboanti, trattative improbabili e leader mondiali che sembrano usciti da una serie TV distopica, ci troviamo di fronte a uno scenario che oscilla tra il dramma e la commedia. Ma la domanda rimane: questa grande partita globale porterà alla pace o sarà l'ennesima scusa per nuovi affari?
L'aria era tesa nel grande teatro geopolitico. Donald Trump, col suo solito sorriso da venditore di grattacieli, dichiarava al mondo di essere l’unico in grado di negoziare la pace tra Putin e Zelensky. Ma la domanda era una sola: dov’era l’inghippo?
Mentre Trump twittava messaggi di pace dal suo resort in Florida, la Corea del Nord si domandava se fosse il momento giusto per entrare nella partita. Kim Jong-un, con il solito sguardo enigmatico, si chiedeva se dovesse spedire un paio di fuochi d'artificio nel Pacifico, giusto per vedere se qualcuno si ricordava ancora di lui. Nel frattempo, la Cina osservava silenziosa, pronta a servire tè e suggerire trattati che avrebbero reso Pechino l’unico vero vincitore.
Il buon samaritano Netanyahu – con la "H a due baffi, come non ricordavi" – era impegnato a fermare i paesi arabi, a rassicurare l’America e a tenere a bada il suo stesso popolo con promesse sempre più audaci. Ma se un giorno gli stessi paesi arabi, stufi delle manovre geopolitiche, decidessero di bombardare Israele? Sarebbe la fine del gioco o l’inizio di una nuova stagione del dramma internazionale?
Nel frattempo, mentre in Occidente si parlava di negoziati di cessate il fuoco tra Kiev e Mosca, Putin ribolliva di rabbia. "Mi avete costretto alla guerra!" avrebbe tuonato, probabilmente mentre si allenava con un orso in Siberia, spezzando travi d’acciaio a mani nude e scolpendo il proprio busto nella roccia con lo sguardo di un dio vendicatore. La sua furia era leggendaria: si dice che le tempeste di neve in Russia aumentassero d’intensità ogni volta che gli veniva menzionata Ursula von der Leyen.
L’Europa, dal canto suo, aveva appoggiato Zelensky con entusiasmo e fondi illimitati, ma ora che i venti cambiavano, si domandava se fosse il momento di rimettere il telefono in carica e fingere di non aver sentito la chiamata di Kiev. Macron, dal canto suo, cercava di capire quale fosse la posizione più "raffinata" da prendere: un giorno amico di Biden, il giorno dopo solidale con Putin, il terzo giorno tentava di scrivere un discorso in perfetto russo per ingraziarsi lo Zar. "Forse dovrei invitarlo a Versailles e offrirgli del vino francese..." pensava, mentre la sua popolarità in patria scendeva più velocemente di una baguette gettata da un balcone.
Ma Putin, ancora amico dell’Occidente? Ah, che domanda ingenua! Forse avrebbe mandato un biglietto a Giorgia Meloni, invitandola a cena – rigorosamente con menu russo e senza pasta al dente. E Ursula? Ah, lei continuava a stuzzicare lo Zar, come un’ape che gira intorno a un orso senza rendersi conto che, prima o poi, l’orso potrebbe decidere di darle un colpo di zampa.
E poi c’era Trump. Lui sì che sapeva fare affari.
"Pace? Certo, ma prima facciamo un bel business deal!" diceva, già immaginando un Trump Tower nel cuore di Mosca, con il suo nome scritto in oro gigante sopra la Piazza Rossa. "Putin, amico mio, ti porto la migliore pizzeria americana, altro che McDonald’s!" Il Cremlino, a quel punto, tremava più per le idee di Trump che per i missili di Zelensky.
E così, tra trattative farlocche, alleanze traballanti e leader che sembrano più protagonisti di una soap opera che veri statisti, il mondo si avvicina a un nuovo capitolo della sua eterna partita a scacchi. La domanda resta aperta: sarà Trump il pacificatore o l’artefice dell’ennesima tempesta?
La guerra toccherà l'Europa o il mondo intero?
Molti si chiedono se questo conflitto si fermerà ai confini dell'Ucraina o se rischia di trasformarsi in qualcosa di più grande. L’Europa, con la sua posizione fragile tra la dipendenza energetica e la sua volontà di apparire unita, potrebbe evitare il conflitto diretto grazie alla deterrenza nucleare e al fatto che nessuna grande potenza vuole veramente una guerra mondiale. Ma può bastare questo a garantire la pace?
D’altra parte, la crisi economica che ne deriva sta già colpendo l’Europa. L’inflazione, il costo dell’energia, la perdita di stabilità dei mercati: tutti sintomi di un conflitto che, sebbene combattuto lontano, ha già raggiunto le tasche dei cittadini europei. Se la guerra dovesse allargarsi, potrebbe portare a una crisi ancora più profonda, con il rischio di recessione, proteste sociali e governi instabili.
Il ruolo degli Stati Uniti e della NATO
Gli Stati Uniti restano il giocatore chiave in questa partita. Finanziamenti, aiuti militari e strategie di contenimento: Washington ha mantenuto una linea dura contro Mosca, ma con quali reali obiettivi? Per Biden, la guerra è diventata anche una questione interna, un modo per rafforzare il consenso mentre si avvicinano le elezioni. Ma fino a che punto l’America sarà disposta a sostenere il peso economico e politico di questa guerra?
La NATO, invece, cammina su un filo sottile. Da un lato, rafforza il fianco est e accoglie nuovi membri, come Finlandia e Svezia. Dall’altro, evita lo scontro diretto con la Russia, consapevole che una guerra aperta sarebbe devastante per tutti. Tuttavia, se il conflitto dovesse degenerare, l'Alleanza potrebbe trovarsi costretta a un intervento più diretto, con conseguenze imprevedibili.
La povertà visibile e invisibile: il vero effetto della guerra
E il resto del mondo? Non se la passa certo meglio. Le economie emergenti dipendono dalle materie prime ucraine e russe, e la scarsità di grano e combustibili colpisce le popolazioni più povere. La povertà evidente è sotto gli occhi di tutti, ma esiste anche quella meno apparente: famiglie che si trovano a dover scegliere tra cibo e riscaldamento, aziende che chiudono senza fare troppo rumore, giovani senza futuro in paesi un tempo prosperi.
Se la guerra dovesse diventare globale, le conseguenze sarebbero devastanti per tutti. Le superpotenze giocherebbero le loro carte con guerre economiche e tecnologiche, ma a pagare sarebbero sempre i più deboli. Il mondo intero è ormai connesso: una crisi in un angolo del pianeta significa instabilità ovunque. E così, mentre i grandi leader continuano il loro gioco di potere, la domanda più grande rimane: quanto possiamo ancora permetterci di ignorare l’effetto domino di questa guerra?
Mai come ora, condividere le opinioni è importante, fatelo nei commenti e...Grazie mondo, alla prossima puntata!
Stefania Colasanti




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