vi racconto una storia
VI RACCONTO UNA STORIA:
C'è una donzella... No, aspettate. C'è una donza... mmm, neanche.
C’è una tizia (eccola, sì) che si lascia trasportare dalle parole senza senso e dagli atteggiamenti ambigui di certi individui oscuri, con modi altrettanto loschi. Lei se ne sta seduta su uno sgabello, in un bar; non chiede nulla, non vuole nulla, non cerca nulla. Parla da sola, ride, si accarezza i capelli, come se fossero toccati da dita magiche – di certo non ostili.
Davanti a lei un calice vuoto e una bottiglia di vino rosso appena aperta. Mentre ride, allunga la mano, afferra la bottiglia e cerca, felice, di riempire il bicchiere, quando uno di quegli individui le sussurra: “Permetti?”
Il sorriso della tizia si gela; avverte un pericolo. Eppure, nonostante quel sesto senso, accetta la cortesia del “losco figuro.”
Lei beve il suo vino, tutto il contenuto della bottiglia, e ogni mescita è gestita dal “losco figuro”… Ma ora non ride più, non si accarezza i capelli, non parla tra sé e sé: la tizia è ostaggio di quella presenza oscura, anche se ancora non lo sa.
Sente quel sesto senso vibrare, percepisce il pericolo, il gelo che diventa calore, poi ancora gelo.
Prende il portafoglio, paga la bottiglia, saluta l’ombra scura e, con fare deciso, nonostante il vino, si avvia verso l’uscita, la stessa che la riporterà da lei.
Il tempo di attraversare la strada, di percorrere due isolati… ed è già a casa.
Il tempo di aprire la porta, una doccia, il pigiama da single, il divano.
Il tempo di girare l’angolo e smettere di sorridere per sempre.
L’ombra agisce senza alcol. Il “losco figuro” è una sanguisuga. È una figura che uccide la dignità femminile, confonde le donne con giochi. L'oscurità che rappresenta violenta.
Ora attende la tizia, quella che ride di sé, che parla con sé… che ama sé stessa. La attende per derubarla dell’anima.
Stefania Colasanti

Commenti
Posta un commento